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Friday, October 30, 2009

L'ignoranza



Come ho gia' detto tante volte questo blog non si propone di risolvere tutti i problemi d'Abruzzo o d'Italia. Non ne ho il tempo, l' energia. Questo blog e' nato come uno strumento per aiutare a spiegare agli Abruzzesi che trivellare la regione Abruzzo a destra e a manca e' folle, e che di Abruzzo verde non restera' niente se invece perseguiamo l'Abruzzo nero.

Strada facendo mi sono incappata in vari personaggi della poltica abruzzese, e posso dire con tristezza, ma con verita', che purtroppo la stragrande maggioranza di loro dal presidente della regione fino a molti altri politcucci locali sono ignoranti delle stesse discipline per le quali dovrebbero invece guidarci. La classe politica d'Abruzzo, in generale, non conosce l'inglese, non sa come si vive altrove, spesso non e' neanche laureata, non e' aperta ad un dialogo onesto con i cittadini, e non sa che mentre sono li a discutere di cose effimere il mondo ci e' scappato avanti - in ricerca, ambiente, tipo di industrializzazione, idee, e valorizzazione dei giovani.

Si bada troppo spesso a titoli, forma e apparenza piuttosto che ai fatti veri. Nessuno ha una vera visione di cosa vuole fare, e soprattutto nessuno ha la forza morale di *perseguire* il suo obiettivo. In una parola, io personalmente li trovo ignoranti e provinciali.

Una di queste persone e' Daniela Stati. Non si sa che titoli abbia. In cosa e' laureata? Cosa ne sa lei dell'ambiente? Cosa ha fatto prima di arrivare in regione per meritarsi la posizione che ha? Lei lo sa cos'e' l'idrogeno solforato?

La diossina? Lo sa che in California non esistono inceneritori? Lo sa che chi ci vive vicino si ammala con maggiori probabilita' di tumori?

Lo sa che a San Francisco, citta' con 4 milioni di abitanti, reciclano oltre il 70% della monnezza che producono ed hanno zero inceneritori?

Ovviamente non lo sa.

Daniela Stati, e' un assessore muto per il petrolio, perche' le e' comodo a lei. Oggi la novita' e' che la su citata e' andata a Rimini per dire ai riminesi che lei ha questa bella proposta per costruire anche per l'Abruzzo un igenico "termovalorizzatore". Mica l'e' andato a dire a Pescara o a Avezzano, no l'e' andata a dire a Rimini.

Come detto, non voglio trasformare questo blog in un punto di lotta ai "termovalorizzatori" ed esco dal tracciato petrolio solo perche' sono profondamente indignata e allibita che questo assessore all'ambiente muta sul petrolio ora invece va in giro a proclamare gioiosamente di questo "termovalorizzatore". L'unica scusante e' che assieme a Gianni Chiodi e come per il petrolio siano ignoranti in materia.

Intanto, iniziamo a chiamare le cose con il proprio nome. Un termovalorizzatore e' un INCENERITORE da cui esce diossina, un cancerogeno. In inglese non esiste nessuna parola equivalente. Come per il "centro oli" ci si inventa una parola delicata per coprire un'altro sistema di morte. Oil center non esiste. E nemmeno "thermo-value".

Si chiama incinerator e basta.

Un inceneritore emette: diossina, particelle fini, vanadio, manganese, cromo, nickel, arsenico, mercurio, piombo, cadmio, furani, solfati. Le particelle piu' fini non posso essere fermate da alcuna tecnologia moderna. Queste sostanze possono essere cancerogne anche a basse quantita'. Le ceneri prodotte da un inceneritore devono essere stoccate da qualche parte, spesso in altre discariche ad hoc. Un inceneritore dura in genere per 30 anni. Abbisogna di immondizia per funzionare, e dunque le persone saranno invogliate a incenerire piuttosto che a reciclare. Costa piu' energia costruire un inceneritore che tutta l'energia che ne ricaverai.

Nel 2008 circa 33,000 dottori, chimici ambientali e tossicologi scrissero una lettera al parlamento europeo esprimendo la propria preoccupaizone di persone esperte ed indipendenti al proliferare di inceneritori e per l'insorgere di malattie correlate.

Puo' dirci la Stati quali abruzzesi ha consultato per installare l'inceneritore? Qual'e' il suo programma? Lo mettiamo a Lanciano? A Vasto? A un chilometro da casa sua? Chi lo costruira'? Che ne sara' della raccolta differenziata? Che tecnologia usera'? Chi vigilera'?

Ora io gia lo so che uno potrebbe dire: la raccolta differenziata non basta. Sono d'accordo, se ne fa poca. E perche' allora non incentivarla? Perche' non spiegare alla gente che o recicli, riduci, riusi oppure non se ne esce piu'?

E per una volta, non bisogna nemmeno andare troppo lontano. Basta guardare cosa succede gia' in tutti i comuni in cui e' stata installata la raccolta differenziata porta a porta. In alcuni comuni si e' arrivato al 60% nel giro di un anno. In provincia di Treviso sono passati dal 27% di monnezza reciclata nel 2000 al 75% nel 2006 e con notevoli risparmi per i comuni coinvolti.

Qui a Los Angeles volevano mettercelo un inceneritore, verso la fine degli anni ottanta. Scelsero un sito abitato da gente povera. Anche qui la scusa era che e' impossibile convincere pesone poco istruite, immigrati messicani a fare la raccolta differenziata. La comunita' si ribello', il comune dovette ripensarci e nel giro di pochi mesi erano tutti a fare la raccolta differenziata. L'inceneritore non venne mai costruito. Produciamo sempre troppa immondizia qui in America, ma almeno qui in California siamo al 60% di recupero. In uno stato di 37 milioni di persone con zero inceneritori.

Nel 1990 negli USA c'erano 186 inceneritori. Nel 2007 sono scesi a 89.
Nel 1988 c'erano 6200 inceneritori di rifiuti ospedalieri. Nel 2003 sono scesi a 113.

Fra il 1996 e oggi non sono stati costruiti nuovi inceneritori.

San Francisco ha detto di voler diventare citta' a zero rifiuti entro il 2020. Los Angeles entro il 2030. A San Francisco reciclare e' obbligatorio. C'e' la pubblicita' ovunque sul come si fa e perche' si deve fare.

In cima ho messo il link ad una bellissima presentazione di un professore di New York, Dr. Paul Connett sul zero waste. E' facile da capire, interessantissimo e geniale nella sua semplicita'. Mette ispirazione e fa veramente venire la voglia di un mondo migliore.

Per fare politica ambientale, che si tratti di petrolio o di monnezza ci vuole amore, coraggio, intelligenza, lungimiranza, visione a lungo termine, creativita'.

Daniela Stati e Gianni Chiodi, purtroppo per noi di queste qualita' non ne hanno quasi nessuna.

Fonti: Paul Connett - Zero Waste

Wednesday, October 28, 2009

Claudio Descalzi e i deliri sul petrolio




Nulla di nuovo sotto il sole.



Claudio Descalzi e' il presidente di Assomineraria, il vice presidente di Confindustria-Energia e dal 2008 anche il capo della divisione dell'esplorazione e produzione dell'ENI. Lavora per l'ENI dal 1981. Dunque e' un petroliere doc. Di lui abbiamo gia' parlato qui.

Il 14 giugno 2009 rilascia una intervista in cui dice

"Lo scorso autunno lanciammo un segnale forte, sottolineando a più riprese che il cosiddetto “tesoretto”, vale a dire gli almeno 100 miliardi di euro corrispondenti al valore del petrolio e del gas ancora da produrre nel nostro Paese nei prossimi 20-30 anni, diventava essenziale perché l’Italia non perdesse l’opportunità di compiere scelte di lungo termine nell’energia"

Gia' qui si vede la lungimiranza di quest'uomo. Le uniche scelte intelligenti che l'Italia possa prendere al lungo termine e' quella di correre, ma proprio correre, verso le energie rinnovabili. Di energia solare ne produciamo pochissima, sessanta volte in meno che in Germania, mentre invece dovremmo essere quelli che produciamo di piu'. E questo per mille motivi: un territorio che non si presta ad estrazioni petrolifere per densita' abitativa, un petrolio scarso, scadente e difficile da estrarre, e perche' il sole abbonda mentre per il petrolio siamo fuori tempo. Non e' qui il futuro.

A Trecate, vicino Novara, i campi inondati dal petrolio, nel 1994 e poi nel 2003 sono ancora impraticabili. Se la piattaforma Montara installata nel 2008 e che sputa petrolio da 70 giorni in Australia, si trovasse nei nostri mari, avrebbe inquinato mezza Italia. Non abbiamo deserti, ne per il petrolio ne per le scorie nucleari, ne per le centrali a carbone.

Tutto il mondo, pure la Cina, l'ha capito. E noi? Ma Descalzi dove vive? Ah si, e' uno dell'ENI, e vede solo petrolio, purtroppo per lui. Dice che in Italia ci sono 58 progetti cantierabili, ma che per colpa di non meglio specificati "blocchi" non si possono sfruttare. Dice che questo equivale a oltre 5 miliardi di euro, che porterebbe a 100 mila addetti (!) e che queste risorse andrebbero sfruttate per superare la crisi.

Obama per superare la crisi ha stanziato milioni e milioni e milioni di dollari per ricerca in vari settori, prima fra tutte le energie alternative, per la installazione di infrastrutture nuove, per il risparmio energetico, per le universita'. Non ha mica detto per superare la crisi andiamo a trivellare i mari Californiani!

Descalzi continua, e dice che occorre che le aziende di Assomineraria si preparino "a essere incisivi anche in un contesto che si profila incerto e nebuloso, sia a livello centrale, sia soprattutto a livello locale"Non possiamo dire di non essere stati avvertiti.

Sul famoso decreto legge che la Camera ha poi approvato, dove praticamente si dice che a decidere sulle infrastrutture petrolifere deve essere Roma e nessun altro, Descalzi dice:


Complessivamente si tratta di norme pratiche e di buonsenso che dovrebbero contribuire ad accorciare i tempi autorizzativi. Non dimentichiamo che il time-to-market in Italia è ancora il doppio rispetto alla media mondiale ed è la causa principale dell’allontanamento degli investitori esteri, con una perdita significativa per tutto il nostro sistema industriale.

Ma non e' vero niente. La causa principale del fatto che gli stranieri non investono in Italia e' che le leggi sono troppo complicate, il sistema - mazzette, amicizie importanti, l'arte di arrangiarsi, ritardi ingiustificati - per un non italiano e' impossibile da capire e da accettare. Io stessa che sono Italiana non ci verrei mai ad investire in Italia perche' e' tutto troppo bizantino ed uno perde la pazienza.

In Italia, la legge non e' dalla parte del diritto, del buonsenso, o del cittadino, ma troppo spesso dalla parte dei potenti. I politici sono per la stragrande maggioranza persone ignoranti e preoccupate piu' della forma che della sostanza. Quante ne abbiamo viste in questi mesi? Quante promesse non mantenute?

L'investitore non viene perche' non e' un sistema limpido, lineare o prevedibile. E se vengono e' solo perche', come nel caso del petrolio, glielo regaliamo. Oppure perche' gli permettiamo di mettere i pozzi dove gli pare, vicino alla costa, nei parchi e dove meglio gli aggrada. Ma quanto meno costoso e' mettere un pozzo, come Elsa2 a sette chilometri dalla costa, piuttosto che in mare aperto?

Poi Descanzi parla del fatto che le royalties sono aumentate dal 7% al 10% (ma solo in terraferma, non in mare) e che questo servira' per dare sconti alle regioni che hanno estrazioni di idrocarburi o rigassificatori sul proprio territorio.

Ma anche qui, e' pura demagogia.
Infatti coincidenza vuole che proprio un paio di settimane fa, dopo UN ANNO che la regione Basilicata aveva chiesto una revisione sui conti del petrolio estratto in Basilciata, per capire effettivamente quanto petrolio venga estratto dalla Lucania, il governo ha detto no. Va tutto bene cosi', con le autocertificazioni ENI sul petrolio estratto.


Queste le parole del Ministero: Si ritiene che non ci sarebbero, al momento, i presupposti per una intensificazione dei controlli sulle produzioni di idrocarburi sul territorio nazionale.

E cosi' potranno pure aumentare le royalties, per far star zitta la gente, ma se si rifiutano di controllare quanto e' il petrolio estratto, che ce ne facciamo di un aumento (simbolico!) delle royalties?? In Libia sono al 90%. In Norvegia all'80% e vanno in mare aperto.

Quando leggo queste cose sento che il futuro dell'Italia a me fa paura, anche se non ci vivo piu'. E' triste. E' triste perche' questi sofismi sul perche' va bene distruggere la nostra penisola la applicano non solo sul petrolio ma anche su tutto il resto - politica, leggi ad personam, scudi fiscali, ricerca mozzata. Nessuno guarda veramente al futuro. Che posso fare io? Sono solo una goccia nell'oceano.

Fonti: Assomineraria, Staffetta Quotidiana

Tuesday, October 27, 2009

L'ENI e le mazzette in Nigeria


Update 16 Novembre 2011: La donna che difende l'ENI in questa causa si chiama Paola Severino ed e' il nuovo ministro di giustizia italiano. L'ENI e' stata poi multata di circa 365 milioni di dollari per tangenti.

The largest combined disgorgement amount ever in an FCPA violation.

FCPA: Foreign Corrupt Practices Act

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Nel 1994 l'ENI entro' in un consorzio detto TSKJ con sede a Madeira, in Portogallo, noto paradiso fiscale. Di questo consorzio fa tuttora parte KBR - le cui iniziali stanno per Kellogg, Brown and Root (USA), Technip (Francia), Snamprogetti (Italia, controllata al 100% dall'ENI) e la Japan Gasoline corporation.

Ciascun partner aveva il 25% delle azioni ed una lettera nella sigla TSKJ. La KBR era una subsidiaria della Halliburton. Assieme i quattro volevano costruire un impianto per la lavorazione del gas estratto in Nigeria, in una zona detta Bonny Island.

Nel Settembre 1994 la banda dei quattro bassotti offre 2 milioni di dollari al governo Nigeriano per approvare il progetto. E' troppo poco. Iniziano allora una serie di operazioni, come dire, non proprio limpide, di smussamenti e di massaggini vari, incluse promesse e maxi pagamenti a personaggi del governo di Abuja.

I principali intermediari sono due avvocati inglesi, Jeffrey Tessler e Wojciech Chodan, amici di poltici nigeriani e del ministro del petrolio dello stesso paese, Dan Etete.

Finalmente nel 1995, il governo della Nigeria accetta la proposta e concede i permessi al gruppo TSKJ. Si parla di almeno 60 milioni di dollari di mazzette, promesse o pagate.

I regalini continuano, e nel 1999, dopo altre tangenti, il governo concede pure a TSKJ di ampliare i lavori. Si tratta di 1 miliardo e 200 milioni di dollari di lavori commissionati, per un totale di circa 6 miliardi di dollari in totale.

Nel 2003 pero' iniziano i guai per TSKJ. Dalla Francia si accorgono che l'avvocato Jeffrey Tesler, colui che fungeva da intermediario fra i petrolieri e il governo Nigeriano, ha depositato un totale di 132 milioni di dollari nel suo conto. Le indagini francesi sollevano il sospetto che si tratti di mazzette illegali da parte della TSKJ.

Il vice presidente americano, Dick Cheney che al tempo dei misfatti era l'amministratore delegato della Halliburton (si dovette dimettere dopo le elezioni del 2000), inizia ad avere paura delle ramificazioni. La Halliburton, per proteggerlo, licenzia due personaggi scomodi, fra cui Albert Stanley, l'amministratore delegato della KBR.

Entrambi questi tizi avevano ricevuto soldi da Jeffrey Tessler, circa un milione di dollari, forse anche di piu'. Si sospetta che nel giro di comunicazioni riguardanti questo denaro ci fosse anche l'avvocato di famiglia dei Bush, James Baker.

Nell'Agosto del 2004 finalmente il governo Nigeriano all'unanimita' decide di interrogare il nuovo presidente di Halliburton, David Lesar, e di vietare ad Halliburton e a tutte le sue subsidiarie di partecipare in altri progetti petrolfieri in Nigeria. In Settembre 2004 il divieto diventa ufficiale, grazie anche al fatto che la Halliburton era stata protagonista della misteriosa scomparsa di scorie radioattive e pericolose mai denunciate al governo nigeriano.

Nel 2005 il dipartimento di giustizia americano afferma che questa vicenda e' la piu' grave storia di corruzione della storia degli USA. 60 milioni nel 1995, 37 nel 1999, 51 nel 2001 e 23 nel 2002.

Oltre 180 milioni di dollari.

Il ministro del petrolio Nigeriano, che aveva ricevuto 15 milioni di dollari, ci si era comprato un castello in Francia. E' stato condannato al pagamento di 8 milioni di euro. Altri mangiatori di mazzette sono stati il generale Nigeriano Sani Abacha, morto nel 1998, 45 milioni di dollari,
il presidente della Nigeria Olusegun Obasanjo, 23 milioni di dollari, il generale Abdulsalami Abubakar, presidente del paese per un solo anno, 2.2 milioni di dollari.

Nel 2008 Albert Stanley, il capo della KBR, dichiara la propria colpevolezza per mazzette date e ricevute nell'arco di 10 anni. Si e' beccato sette anni di galera e la condanna al risarcimento di 11 milioni di dollari.

Jeffrey Tessler e Wojceich Chodan saranno presto estadati negli USA per metterli sotto processo. Rischiano fino a 55 anni di galera e il risarcimento di almeno 130 milioni di dollari.

A Febbraio del 2009, la Halliburton e' stata condannata a pagare quasi 580 milioni di dollari al dipartimento di giustiza americano ed alla Security and Exchange Commission, l'equivalente della Consob Milanese.

Qualche giorno fa e' uscita la notizia che anche il governo inglese vuole mettere mettere a processo la Halliburton per mazzette.

E da chi sono venuti tutti quei soldi per le tangenti?

L'ENI di certo non e' rimasta a guardare, visto che la proprieta' di TSKJ era ugualmente ripartita fra le quattro societa'. Infatti sono sotto indagine anche due manager ENI per questa vicenda e c'e' stata la richiesta da parte dei giudici di Milano di vietare all'ENI di fare affari in Nigeria per i prossimi anni, come fatto per la Halliburton dai colleghi americani.

Tutto questo dopo le maxi tangenti ENI degli anni Novanta, dopo le quali l'ENI aveva promesso che mai piu' avrebbero fatto i cattivi, e che anzi adesso si sarebbero dotati di un severissimo codice etico.

Secondi i Pubblici Ministeri Milanesi Fabio de Pasquale e Sergio Spadaro invece in questa vicenda ci sono stati

comportamenti improntati a deliberata elusione del codice etico che Eni aveva adottato dopo le vicende emerse all' inizio degli anni ' 90, consistite nella creazione di fondi neri da parte delle società Snamprogetti e Saipem, utilizzati allo scopo di pagare provvigioni a intermediari all' estero
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E cioe' hanno fatto di tutto per far finta di fare gli etici ma senza nessuna intenzione davvero di farlo. I due dirigenti ENI accusati (di cui non si sa neanche il nome!) sarebbero stati responsabili di smistare le tangenti. Cioe' facevano la parte piu' terra terra degli affari, consegnavano le valigette coi soldi.

Verranno mai fuori i nomi dei due? Come puo' essere che solo i lavoratori di bassa manovalanza vengono beccati? E le piu' alte cariche dell'ENI o della Snamprogetti dove erano mentre tutto cio' accadeva? Qualcuno di loro si becchera' 7 anni di galera? Qualcuno di loro dovra' restitutire 1, 10, 100 milioni di dollari? Il processo iniziera' mai?

Intanto gia' iniziano le prescrizioni e secondo il Corriere della Sera almeno, si possono soltanto processare le tangenti per l'anno 2004. Prima no. Il tempo sta per scadere anche qui: dopo cinque anni infatti si va in prescrizione (grazie Berlusconi!). Probabilmente non succedera' niente e cercheranno mille scusanti per non arrivare mai a processo.

Gia' adesso l'ENI dice che loro non sapevano niente di queste mazzette, anche se invece i giudici americani hanno accertato con documenti alla mano che questo tipo di decisioni veniva preso dall'intera amministrazione della TSKJ - americani, francesi, giapponesi e italiani inclusi.

Il 21 ottobre 2009, il nuovo ennesimo rinvio. L'avvocato ENI, Paola Severino, dice, poverina, che ci vuole piu' tempo perche' i documenti devono essere tradotti in Italiano.

Aspettiamo ancora che tutto si perda. Al massimo l'ENI ci promettera' un nuovo codice etico e cosi siamo tutti pronti per ripartire.

Nuovo giro, nuova corsa, nuove mazzette, stessi condannati: nessuno.

Intanto, in Nigeria la gente continua a morire, di fame, di inquinamento, di violenza.

La storia continua qui.


Fonti: Halliburton Watch, CNN, FCPA, Buisness Day, Corriere della Sera 1, Corriere della Sera 2, Corriere della Sera 3, Channels TV

Saturday, October 24, 2009

Da Ludovica a Gianni Chiodi


The price of democracy is eternal vigilance.
Thomas Jefferson, 1743-1826

Il governatore Gianni Chiodi e' adesso negli gli Stati Uniti. Chissa' se capira' veramente il significato della parola democrazia mentre e' qui.

Intanto, mi giunge la lettera che Ludovica Raimondi ha scritto a Gianni Chiodi. Lei ha 27 anni, e' di Giulianova, e' laureata in Lettere Antiche e specializzanda presso la Cattolica a Milano nella stessa disciplina. Girando su internet e grazie a tutte le iniziative che sono state portate avanti dalle associazioni di cittadini e' venuta a conoscenza del problema dell'Abruzzo petrolifero. E cosi' ha deciso di scrivere a Gianni Chiodi - che magicamente e' l'unico che non sa cosa succede nella sua regione.

Ecco le parole di Ludovica. Io le sono grata, come lo sono verse tutte le persone che hanno scritto le proprie lettere, i commercianti che hanno attaccato la locandina, i comuni e le associazioni che hanno scritto al ministero contro Elsa2. Se ci sono altre lettere, saro' lieta di pubblicarle. I politici ci ignoreranno, non risponderanno, ci daranno dei matti, degli esaltati,
ma l'importante e' non mollare, e non lasciare che la loro ignoranza e il loro silenzio ci fermino.
Prima o poi dovranno aprire gli occhi, ed e' nostro dovere continuare a fare pressione su di loro.

Arriveremo alla fine di questa matassa solo con il contributo di tutti. Nessun altro ci salvera' se non noi stessi.

Grazie Ludovica.

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Ill.mo Presidente Gianni Chiodi,

sono Ludovica Raimondi, cittadina abruzzese, nata a Giulianova. Ho deciso di scriverLe questa mail, perché sono mesi che leggo e mi informo riguardo al Centro Oli e agli impianti petroliferi, che interesseranno la provincia di Chieti e il 50% del territorio abruzzese e che mi coinvolgono come cittadina.

A poco tempo dal 31 Dicembre non abbiamo parole di rassicurazione sul futuro dell'Abruzzo né di quello dei suoi cittadini. Non è mia intenzione parlare delle ricerche portate avanti dalla Dottoressa Maria Rita D'Orsogna, che Lei conoscerà dettagliatamente, come neppure delle argomentazioni addotte da coloro che attivamente si adoperano, ormai da qualche tempo a questa parte, per informare educare e sensibilizzare tutti noi sui progetti politico-economici che stanno decidendo sulle nostre vite.

Le voglio, invece, scrivere da semplice cittadina, che sta vivendo con ansia questa attesa, questo silenzio politico, avendo seriamente a cuore il futuro di questa terra, quello proprio e dei suoi conterranei.

Abito, come detto sopra, a Giulianova, una località che ha la fortuna di essere bagnata dal mare e abbracciata maternamente dalla montagna. Vivo in collina e ho sempre avuto l'opportunità di affacciarmi alla finestra e di guardare il mare, il porto, le case che ricoprono la pianura di Giulianova Lido: sono cresciuta facendo lunghe e piacevoli passeggiate sulla costa, d'inverno e d'estate, entrando in un mondo emozionale che difficilmente può essere spiegato e descritto a parole.

Non ho mai dovuto fare km per raggiungere la spiaggia, per gustare il piacere di un bagno estivo, per respirare l'odore di salsedine e per ascoltare il rumore delle onde. Il mare per me non è una realtà onirica, al contrario è tangibile, visibile e vivibile. Esso mi ha offerto l'occasione di conoscere gente proveniente dal nostro entroterra, piuttosto che da altre parti d'Italia e d'Europa: i turisti affollavano e affollano le nostre spiagge, i nostri ombrelloni, i nostri alberghi incentivando l'economia locale. Tanta gente ama raggiungere i luoghi balneari della costa abruzzese per poter respirare aria pulita, sana, rigenerante. Il mare è il mondo in cui sono cresciuta e che mi porto dentro.

Il porto con le sue imbarcazioni è l'alcova di egregie dignità umane, come quelle dei pescatori, che vivono del proprio lavoro, ossia di ciò che il mare offre. Il mare è tutto per noi e so che non parlo solo come giuliese: la gente di mare che abita lungo la costa abruzzese è numerosa e ciò che ci accomuna tutti è la nostalgia e la contemplazione di questa distesa azzurra che, con i suoi colori sempre diversi, ricchi di sfumature, raggiunge i nostri cuori e le nostre anime.

Non posso pensare a un "altro" mare se non a questo che vivo quotidianamente. Non posso immaginare che altri uomini possano "disturbare" una parte del mio mondo. Anticamente gli uomini credevano che la terra fosse intoccabile e che atti di tracotanza verso di essa fossero puniti dagli Dei: il nostro patrimonio letterario e culturale è pregno di storie esemplari a riguardo.

Perché toglierci il piacere di sognare, di immaginare, di vivere ammirando quello che la Natura regala quotidianamente ai comuni mortali? Perché accanirsi contro ciò che da sempre c'è e che per sempre sarà a prescindere dal Nostro esistere? Perché privarci del vanto di essere figli del mare, figli di questa terra? Perché privare la nostra regione della sua vitalità ed essenza?

Non è tollerabile e non è accettabile che esponenti politici, votati dal popolo
perché migliorino e garantiscano il bene comune, la salute dei cittadini e la loro
sicurezza rimangano indifferenti alla richiesta di tutelare il presente di questa
regione e il futuro dei suoi abitanti.

Non si può rimanere trincerati nei palazzi governativi, quando un'intera popolazione chiede di poter vivere di agricoltura, di pesca, di aria pura. Non si può tacere di fronte alla domanda di
aiuto e di supporto.

Dov'è finito il senso della Bellezza e dell'Estetica? Dove l' Amore per l'ambiente che ci circonda? Dove il sentimento di giustizia sociale? Perché la politica non guarda più agli uomini che ogni giorno devono lottare per salvaguardare i posti di lavoro, le piccole proprietà, i guadagni che hanno accumulato con onestà e dignità? Perché sacrificare tutto questo per il guadagno di Altri? Perché cancellare l'Essenza di questo lembo d' Italia, di terra, per scopi che sono lontani dall'interesse collettivo? Perché non si vuole ascoltare la gente che grida i propri diritti? Perché la politica non è più attenta (se mai lo sia stata) al volere della popolazione? Perché farci credere
che da questo progetto se ne ricaveranno posti di lavoro e benefici economici? Perché non si informa il "popolino" dei rischi concreti e reali che scaturiscono da queste politiche economiche?

Ho letto la lettera che la Dott.ssa D' Orsogna Le ha inviato al tempo della Sua campagna elettorale come anche la Sua risposta: cosa è cambiato da quel giorno ad oggi? Dov'è la sensibilità che accomunava il suo essere Abruzzese a quello della Dottoressa? Perché ha scelto la strada del silenzio?

Ecco, vorrei richiamare la sua Abruzzesità, perché Lei dovrebbe sapere cosa rappresenta questa Regione per noi che l'abitiamo e anche per coloro che la ammirano da lontano. Sa che anche quando si vive altrove il cuore è rivolto a questa terra, che regala sempre amore e rigenera gli animi al solo sorgere e tramontare del sole. Sa che abbiamo l'enorme fortuna di vivere dei prodotti che la terra ci regala in ogni stagione, in ogni raccolto, in ogni pesca. Sa che i contadini, i pastori e i pescatori sono le risorse più genuine che possiamo vantare. I nostri ori sono il
Vino, il Pane, il Pesce!

Non ce ne servono altri e per di più cancerogeni, nocivi e deleteri.

Mi rammarica vedere che proprio i nativi di questa regione non salvaguardino il "tesoretto" abruzzese, soprattutto in un periodo in cui si rivendicano sentimenti regionalistici e si preme per il federalismo fiscale. Come vivrà l'Abruzzo se e quando ogni regione dovrà provvedere a sé? In cosa si distinguerà l'economia della nostra regione? Oggi produciamo vino, olio,
grano, ortaggi. Siamo ricchi di formaggi, di carne e di pesce. Ma domani?

Di cosa vivremo noi che oggi abbiamo venti o trent'anni? Quale futuro erediteremo dalla "vecchia guardia"? Che prospettive avremo per noi e per i nostri figli? Si parla di salvaguardare i valori della famiglia e della società civile e poi si permette a grandi società di smantellare le nostre terre e i nostri mari. A che gioco si sta giocando? Quante domande si susseguono nelle mia mente!!!

Anche se andassi via per sfuggire la tirannia delle centrali petrolifere o nucleari avrò sempre l'immagine di una realtà, la mia, che mi porto dentro sin dalla nascita, deturpata e logorata. Non lo voglio!!!!

Perché nega a noi cittadini la possibilità di conoscere le nostre sorti: ci farete affondare nelle paludi nere o ci aiuterete a costruire il nostro "domani", perché un giorno anche i nostri figli possano godere delle bellezze che la Natura offre? Siamo in ginocchio a causa della crisi economica e della mala Sanità: è questo il momento per reagire con una politica atta
promuovere il turismo e la sicurezza dei cittadini abruzzesi e di coloro che
verranno a conoscere la nostra terra.

Abbiamo panorami fantastici, una storia modesta ma importante. Nel periodo in cui ho vissuto a Milano ci sono stati due incontri fulminei che mi rimarranno a lungo nella mente: il primo è stato con una signora che, sentendo che ero abruzzese, mi ha detto: "Signorina cos'è venuta a fare a Milano? Avete un'aria così pulita, perché è venuta a respirare lo smog?"; l'altro ha visto protagonista un ragazzo che mi ha detto di aver visitato l'Abruzzo per caso e che lo aveva trovato davvero bello, ma ha aggiunto: "Peccato che sia poco conosciuto. Dovreste pubblicizzarlo di
più dal punto di vista turistico".

Ecco, personalmente sono affezionata a queste due visioni esterne, ma non estranee.

Mi piacerebbe che ogni politico nato in questa bellissima regione la amasse fino al
punto di proteggerla "con le unghie e con i denti", perché credo che ciascuno abbia ricordi, emozioni, sensazioni ed esperienze per cui valga la pena lottare duramente, affinché sia legittimamente difeso questo gioiello. Si dovrà fare tanto per lo sviluppo economico, sociale e culturale, ma se i primi passi verranno guidati da voi che ne avete gli strumenti adatti, beh allora anche noi potremmo muoverci sereni e senza dover opporre continuamente le nostre convinzioni alle vostre per ottenere e condividere il bene comune.

Penso che la politica non debba essere appannaggio solamente di chi è chiamato a governare, ma anche del singolo cittadino, che ha eguali diritti e pari dignità nel partecipare attivamente alle cause che coinvolgono la sua esistenza e quella della comunità di cui fa parte.

Grazie della cortese attenzione,
Distinti saluti
Ludovica Raimondi.

Thursday, October 22, 2009

Adriatica Idrocarburi


Una volta quando si diceva Adriatica si pensava al mare, alle vacanze, o al massimo alla statale o alla ferrovia. Da oggi in poi inizieremo a parlare di Adriatica come di una societa' di idrocarburi.

Infatti, la nostra beneamata ENI, zitta zitta, sta pensando di costruire questa nuova societa'
che dovra' occuparsi di estrazioni petrolifere nel mare e in terraferma lungo la costiera marchigiana, abruzzese e molisana. Le citta' coinvolte sono Ortona e Pineto in Abruzzo, Grottammare, Cassarai e San Benedetto del Tronto nelle Marche e Rotello, in Molise dove gia' esiste un centro petroli.

L'Unione generale del lavoro, detta UgL, di ispirazione di destra, dice che tutto questo va bene per l'occupazione. Parola di Geremia Mancini, segretario regionale della UgL e di Tonino di Millo, specializzato nel settore chimico dello stesso sindacato.

Che rabbia che mi viene. Continuero' a ripetere all'inifinito che il petrolio non porta lavoro a nessuno degli Abruzzesi (ma i soldi a Fratino si). I tecnici saranno pochi e verranno da fuori e parallelamente ci sara' il ridimensionamento del turismo, mari sporchi e pericoli di scoppi e di subsuidenza.

Che indotto ha portato Rospo Mare a Vasto? Li ci sono solo enormi cisterne di idrogeno solforato ed altri veleni che hanno rovinato una delle zone turistiche con piu' alto petenziale d'Abruzzo. Vai a Punta Aderci e dietro vedi solo navi e ferraglia prima di arrivarci. Vai nei campeggi della zona e senti la puzza. Vai a Casalbordino a passeggiare lungo la spiaggia e senti il segnale acustico delle piattaforme del gas.

Che gente ignorante che abbiamo a prendere le decisioni. Qualcuno gli ha mai detto a Mancini e Di Millo della piattaforma Montara? Si, quella dell'Australia. Continua a sputare veleni. Siamo al giorno 62 e anche il terzo tentativo di tapparlo e' fallito. Qualcuno gli ha detto mai che negli USA non si trivella a 160 km dalla costa?

Ora capisco tante cose. Un altra notizia di oggi e' che Luciano Monticelli, il bravissimo sindaco di Pineto che ha portato avanti tante iniziative contro il petrolio, e piu' in generale in difesa del suo territorio e dei suoi cittadini, gay e lesbiche compresi, finalmente andra' dalla Prestigiacomo ad esigere che le firme per la riserva del parco naturale marino del Cerrano vengano finalmente messe e che il parco venga finalmente ufficializzato.

Monticelli non chiede nulla, nemmeno i soldi, solo la firma della nostra timorosa e poco trasparente ministra. E' tutto pronto a Pineto, tutto. Da un anno.

Manca solo la firma di Ms. Stefania. Solo in Italia puo' succedere una cosa simile.

Non e' cosi difficile mettere insieme due piu' due. Chissa' perche' le firme non arrivano ed intanto l'ENI annuncia di voler centrare la sua nuova azienda sulle estrazioni a mare di Pineto? Mmmh.. chissa' perche'.

E Chiodi? Il grande capo aveva promesso che non ne sarebbe venuto nulla di quella mappa colorata con tutte le concessioni petrolfiere in mezzo Abruzzo. E invece guarda tu, l'ENI fa i proclami e lui fa ancora finta di non capire e che i visionari siamo noi cittadini. Invece no, sappiamo leggere e scrivere ed e' lui che ha le allucinazioni che gli oscurano la realta'. E' come se vivesse su Marte quest'uomo. La Stati tace poveretta. Che vergogna! Cosa dira' ai suoi figli il giorno in cui le chiederanno cosa ha fatto per salvare l'Abruzzo dalle trivelle?

Ed Enrico Di Giuseppantonio cosa fara' adesso? Aspetteranno che l'Adriatica Idrocarburi arrivi con la trivella in mano per smuovere un passo, come fatto con Elsa2, oppure si dara' da fare prima dei misfatti? O, come per Elsa2, devo scrivergli io da 10,000 chilometri di distanza email, documenti e osservazioni?

L'ho gia' detto tante volte, tutta questa furbizia, questa non volonta' di affrontare i problemi una volta per tutte, e' cosi tipica dell'Italia, da parte della politica e spesso dei cittadini. E' piu' facile non pensarci e far finta di nulla.

Purtroppo per noi pero' la dolce vita non porta da nessuna parte. E il non fare niente significa che domani la dolce vita potrebbe anche diventare amara.

Il prezzo da pagare per vivere in democrazia e' l'eterna viglianza. Non ci sono scorciatoie.

E il popolo cosa fa? Gli ortonesi dove sono? Perche' dopo l'annuncio della moratoria un anno fa si e' tutto calmato e nessuno ora e' preoccupato di estenderla quella moratoria? Il centro petroli, Elsa2, Ombrina Mare sono tutte strutture ortonesi. A parte le poche eccezioni che posso contare sulla dita di una mano, Ortona non si sente e non si vede. Perche' c'e' paura di volere arrivare alla fine di questa faccenda?

Se l'anno scorso avessimo fatto una moratoria di 30 anni, e se la regione Abruzzo avesse deciso di difenerla con le unghia delle mani e dei piedi quella moratoria, forse ora non saremmo qui. L'ENI non ci viene mica a trivellare in California. Non ci viene mica a proporre la Pacific Hydrocarbons. Lo sa che non lo potra' mai fare e dunque se la mette via.

In Abruzzo invece siccome siamo tutti tiepidini, stiamo cosi, in bilico degli eventi, nella speranze che arrivi Godot e che ci salvi tutti.

Godot non esiste e non arrivera' mai. Se non ci diamo da fare noi TUTTI, da Chiodi all'ultimo degli Ortonesi, del nostro Adriatico non rimarra' che un vago ricordo.

Fonti: Il Tempo, CityRumors Abruzzo

Monday, October 19, 2009

I Moratti non si arrendono


Ieri finalmente il giudice di Cagliari ha dato ragione a Massimiliano Mazzotta, il regista di OIL, un documentario che mostra in che modo l'elegante famiglia Moratti tratta la cittadina di Sarroch e i suoi abitanti. In due parole: da schifo. A Sarroch non le manca niente: inquinamento, malattie, incidenti, pesci avvelenati, morti da idrogeno solforato e lacrime di coccodrillo dei signori Moratti.

I Moratti - pardon, i loro legali, che loro non si abbassano mica - avevano chiesto che Mazzotta restituisse i filmati che aveva fatto dentro la raffineria Saras. I filmati erano stati fatti con tanto di permesso della ditta stessa. I signori Moratti volevano anche il sequestro della pellicola.

Come se fossimo nell'Unione Sovietica dei tempi passati.

L'idea di base dei Moratti e' che il cattivissimo Mazzotta aveva "manipolato le dichiarazioni ottenute per piegarle al servizio e al conforto di una tesi denigratoria preordinata".

Ma se la Saras sputa veleni, le sole manipolazioni possibili sarebbero quelle che portano alle tesi che vorrebbe la Saras: di raffineria spargi profumi e fiori delicati, no? Mazzotta ha solo raccontato quello che ha visto.

Infatti il giudice ha detto che il regista ha tutti i diritti di continuare a proiettare il suo film in giro per l'Italia. Mr. Moratti e company non solo non potranno piu' fermarlo, ma dovranno anche pagargli le spese giudiziarie, di circa 3,000 euro.

Ma i Moratti non sono ancora felici di avere gia' distrutto la zona attorno a Sarroch e ci rirpovano, questa volta facendo innocenti ricerche nei mari sardi per appurarne il contenuto di petrolio e di gas. I nostri eroi del giorno, come l'ENI, decidono di fare un po' quel che gli pare, e ora propongono di trivellare vicino ad aree protette nei pressi di Oristano.

Come in Abruzzo si scelgono nomi poetici, in Sardegna la zona si chiama Eleonora mare, copre 625 chilometri quadrati e comprende quasi tutto il golfo di Oristano. La sua distanza dalla costa varia dai 5 ai 15 chilometri ed e' a ridosso dell'area protetta Sinis-Mal di Ventre.

Qualcuno gli ha spiegato che gia' adesso le navi che escono dalla Saras ogni tanto riversano porcherie a mare? Qualcuno gli ha spiegato che la famosa piattaforma australiana Montara e' ancora li che sputa schifezze da due mesi e nessuno sa come fermarla? Qualcuno gli ha speigato che i fondali marini veranno ricoperti di sostanze tossiche?

Mmh. Non credo che alla Saras gli interessi. Meglio pensare all'Inter e al campionato di serie A.
Elsa2, Eleonora mare. La storia si ripete.

Intanto mentre distruggiamo l'Italia, in Germania il sole riesce a regalare 2,200 gigawattore di elettricita' l'anno. In Italia solo 35. Andiamo avanti cosi, ciechi ma felici verso il baratro.


Fonti: Unione Sarda, La nuova Sardegna

Saturday, October 17, 2009

CSUN e la foresta tropicale


California State University at Northridge e' la mia universita'. Northridge e' una zona di Los Angeles, a nord di Santa Monica, dove vivo.

Mercoledi' 21 ottobre ci sara' il cosidetto "Sustainability day", con vari seminari sul cambiamento del clima, su cosa si puo' fare per fermarlo, e con altre considerazioni ambientali, dal piccolo al grande. Alla fine della giornata andremo a raccogliere le arance e a visitare l'orto (non botanico, ma proprio l'orto con i pomodori e il sedano) dell'universita'.

Anche io sono invitata a parlare agli studenti sulla questione petrolio in Abruzzo. Qui c'e' pure l'articolo sul giornale dell'universita' . Ricordo ancora le parole di Remo Di Martino a suo tempo che piu' o meno suonavano cosi': se lei non la smette verro' a dire a suoi studenti che lei e' antidemocratica! Invece, guarda qua...

Ovviamente gli americani sono fra i piu' spreconi di energia e di acqua e del pianeta, e abbiamo ancora molta strada da fare, in ogni senso. Pero' la cosa interessante secondo me, e che si avverte fortissima la necessita' di cambiare, e di iniziare almeno a risparmiare, ad usare energia da fonti pulite e tutti si sentono coinvolti. Spesso, come del resto vuole la mentalita' corrente americana, sono gli individui o piccoli gruppi a fare la differenza. Da soli e senza che glielo obblighi nessuno.

A suo tempo, George Bush non volle ratificare i trattati di Kyoto che Clinton si era impegnato a fare alla fine della sua legislatura. Le citta' di Los Angeles e Seattle decisero allora di farlo da sole. Kyoto prevedeva che occorresse abbassare le proprie emissioni di anidride carbonica del 7% entro il 2012, rispetto a quelle del 1990.

Qual'e' il risultato? Che Seattle ha raggiunto e superato gli obiettivi di Kyoto nel 2005, abbassando le proprie emissioni di anidride carbonica dell'8%, e Los Angeles nel 2008, entrambe con svariati anni di anticipo. Mille altre iniziative si sono aggiunte a questa, New York ha deciso di piantare un milione di alberi in dieci anni (finora ne hanno piantati 250,000) e Boston ha aumentato del 300% il suo armamentario di energia solare. Molte citta' si sono dotate di un piano energetico per il futuro improntato sulle energia rinnovabili.

Una decina di giorni fa si sono riuniti mille sindaci, qui a Los Angeles, per affermare l'impegno di fare anche loro lo stesso e di arrivare, volontariamente, a raggiungere gli obiettivi di Kyoto entro il 2012. Il governo centrale ha stanziato per queste citta' circa 2.7 miliardi di dollari, circa 1500 milioni di euro, per aiutarli.

Nel suo piccolo, la nostra universita' ha un gruppo dedicato di Physical Plant Management, cioe' di persone che si occupano della distribuzione di energia e di efficienza sul campus e che si sono messi in testa, da soli, di abbassare le emissioni di anidride carbonica. Il capo si chiama Tom Brown ed e' un portento di energia e di idee. Negli anni ha portato avanti piccoli e grandi cambiamenti.

Il 30% della nostra elettricita' arriva dai pannelli solari che sono stati installati sui parcheggi delle macchine. Si prevede che ne vengano presto costruiti altri. Il generatore di energia del nostro campus manda tutti i suoi scarti di anidride carbonica ad una foresta tropicale costruita apposta per assorbirli. E cosi' anidride carbonica, mista ad acqua e potassio, vengono rilasciati in maniera controllata e vanno ad alimentare le piante di questa foresta ad-hoc.

Il progetto si chiama CSUN subtropical rain forest. Praticamente otto stazioni che rilasciano CO2 sono circondate da terreno e piante tipici dei climi subtropicali e l'anidride carbonica viene assorbita quasi al 100% dalle piante che la usano per la loro crescita. Tre anni fa il sito era un pezzetto di terra abbandonato, ora e' una piccola foresta.

Vengono smaltite cosi' circa 125 metri cubi di CO2 e sei galloni di acqua al minuto
che tornano sottoterra, nel frattempo sono cresciute 125 piante tropicali, tulipani ed ibischi. L'universita' ci ha vinto vari premi, anche a livello nazionale e ci hanno lavorato assieme studenti, tecnici e professori.

Ogni tanto leggo di storie cosi anche in altre parti d'Italia. E l'Abruzzo? La Stati prima o poi si decidera' a fare qualcosa di buono anche lei? O continuera' a vivere nell'ombra dei suoi colleghi per sempre?

Leggo anche che il governatore Gianni Chiodi presto arrivera' negli USA. Spero che in questo viaggio si renda conto di come funziona per davvero la democrazia e che prima o poi decida di svegliarsi dal suo lungo sonno, in cui rifiuta di sentire le argomentazioni dei cittadini contro le estrazioni petrolifere e di fare il suo dovere di proteggere la sua regione.

L'Abruzzo petrolifero intanto va avanti, nella piu' totale assenza di lungimiranza e di amore, ne per la terra, ne per le generazioni future.




Fonti: Seattle-climate,
CSUN1, CSUN2, CSUN3 Los Angeles Times

Thursday, October 15, 2009

Aggiornamenti: Australia e Stati (in silenzio)


Punto primo: E' fallito anche il secondo tentativo di tappare il pozzo di petrolio esploso nei mari Australiani. Nessuno sa quando sara' possibile arrestare il flusso di porcherie dal sottosuolo. Intanto, secondo alcune stime sono state rigettati 7 milioni di barili di petrolio nell'oceano, la meta' di quanto riversato in mare dalla Exxon-Valdez. Siamo al giorno 55-esimo di continuo rilascio a mare di robaccia e non se ne vede la fine.

In Italia non ne parla nessuno. Ovviamente l'Agenzia Giornalistica Italia, che e' quella che manda dispacci anche a "La Repubblica" e che appartiene al 100% all'ENI, non ha nessuna intenzione di far sapere di questi disastri ambientali agli Italiani.

Come puo' interessargli una notizia simile se l'ENI ha in piano di trivellare tutto l'Adriatico a pochi chilometri dalla costa, Venezia inclusa? Il pozzo Australiano e' stato installato nel 2008. L'Australia e' un paese avanzato. Come potra' l'ENI poi andare a dire in giro che i suoi metodi e i suoi calcoli sono perfetti e che la natura, Venezia, i pesci, l'Abruzzo, saranno difesi se questo esempio cosi eclatante mostra che porebbe anche non essere cosi?

Punto secondo: Mi giungono voci di corridoio secondo le quali l'assessore all'ambiente Daniela Stati e quello all'agricoltura Mauro Febbo sono molto arrabbiati con me. Entrambi non hanno fatto ancora nulla per fermare il petrolio in Abruzzo. Daniela Stati non sappiamo nemmeno cosa ne pensi del petrolio in Abruzzo.

Il fatto che siano arrabbiati con me mi fa sorridere. Non capiscono che non mi interessa il loro pensiero su di Maria Rita. Mi interessa il loro pensiero sul petrolio. Mi interessa cosa vogliono o non vogliono fare. Mi interessa vigiliare che facciano il loro dovere, quello per cui sono pagati fior di quattrini.

Ovviamente Daniela Stati non ha risposto alla mia email, come a tutte quelle precedenti. Poverina, mi fa anche pena. Deve essere difficile vivere cosi, sapendo di non avere nemmeno il coraggio di dire cio' che si pensa.

Io non conosco Daniela Stati di persona, e non so nulla di lei se non che era una ex dipendente di Telespazio, le cui ex-qualifiche non state precisate sul suo sito della regione Abruzzo. E poi so che non dice niente sul petrolio e che non risponde ne alle mie email ne a quelle degli altri cittadini.

So pero' di me stessa, e posso dire, per avere vissuto cosi tutti i 36 anni della mia vita, che non c'e' cosa piu' bella della liberta', del sapere di vivere in coerenza, di fare le cose sapendo di non essersi mai piegati a nessuno, di non avere mai cercato scorciatoie e di non avere mai tradito i propri ideali in cambio di qualsiasi tipo di vantaggio personale.

Sono una persona libera, non ricattabile, e tutto sommato, pulita. Lo so che non mi possono attaccare in nessuna maniera perche' tutto quello che ho e che sono l'ho fatto in maniera onesta. E altrettanto onestamente vorrei che l'Abruzzo non diventasse un campo petrolifero.

Non staro' zitta, non ho paura ne' di Daniela Stati ne di Mauro Febbo ne di Gianni Chiodi. La demcrazia vera la vivo tutti i giorni e so che il modo in cui la cricca di cui sopra si comporta, da questa parte dell'oceano sarebbe considerata assolutamente inaccettabile ed antidemocratica.

Non lo sappiamo come andra' a finire la storia dell'Abruzzo petrolifero. Ma questo non ci deve fermare dal provarci, dal volerlo, e dal richiamare al proprio dovere persone elette e pagate da noi per difenderci, per fare i nostri interessi di cittadini, e non dell'ENI. E questo vale non solo per il petrolio ma per tutte le altre cose storte che vediamo in questo paese tutti i santi giorni.

La paura, l'ignoranza, il silenzio, il vivere da struzzi non e' accettabile da parte della classe politica.


Tuesday, October 13, 2009

Il petrolio e la Louisiana


Prima di andare a Chioggia a parlare delle trivelle nella laguna veneta ho trascorso un po di tempo ad indagare il problema della subsidenza in varie parti del mondo. Trivellare a tre, quattro, cinque chilometri in profondita' ed estrarre materiale - che sia petrolio, acqua o gas - comporta sempre la rottura di delicati equilibri morfologici e, come sempre, la natura prima o poi ci porta il conto. Ho scoperto allora questo articolo del National Geographic sulla costa della Louisiana, scritto nel 2004.

I mari dello stato di New Orleans - vicino al Texas - sono aperti alle trivellazioni da molti anni. La Louisiana, l'Alabama e il Texas sono gli unici stati dove si puo' estrarre petrolio vicino alla riva in tutti gli Stati Uniti.

La marina della Louisiana e' coperta da lagune non molto diverse da quelle del Veneto. Queste sono utili ai territori specialmente in caso di alluvioni o di tempeste perche' fungono da barriera, come una sorta di spugna dove l'acqua viene assorbita.

Il primo pozzo di petrolio fu trivellato in Louisiana nel 1901, e per molto tempo la zona e' stata il crocevia di infrastrutture e interventi petroliferi. Oggi nella laguna corrono tubi e oleodotti, sulle sue rive sorgono raffinierie ed impianti petroliferi di vario genere, e addirittura il centro di stoccaggio strategico di petrolio americano.

La laguna pero' sta affondando. Ogni tanti i porti si trasformano in isolotti. Decenni di estrazioni hanno reso il terreno fragile e la subsidenza - l'affondamento del terreno - e' un dato di fatto. In alto la foto di un signore con la fotografia della casa dei nonni, di circa 80 anni prima e come e' lo stesso sito adesso: mare aperto.

"For decades geologists believed that the petroleum deposits were too deep and the geology of the coast too complex for drilling to have any impact on the surface."

Per anni i geologi hanno creduto che i depositi di petrolio fossero troppo profondi e la geologia della costa troppo complessa affinche' il petrolio avesse delle conseguenze sulla costa.

E invece non e' stato cosi. La terra sprofonda, inesorabilmente, segno che ne geologi ne calcoli matematici possono garantire al cento per cento che l'intervento dell'uomo in una maniera cosi' invasiva sia priva di conseguenze. Bob Morton e' un geologo del US Geological Survey, che ad un certo punto ha deciso di studiare il fenomeno della subsidenza in maniera sistematica.

After much study, Morton concluded that the removal of millions of barrels of oil, trillions of cubic feet of natural gas, and tens of millions of barrels of saline formation water lying with the petroleum deposits caused a drop in subsurface pressure—a theory known as regional depressurization. That led nearby underground faults to slip and the land above them to slump.

Dopo molto studio, Morton concluse che la rimozione di milioni di barili di petrolio, trillioni di piedi cubici di gas naturale e milioni di barili di acqua di produzione associata al petrolio, hanno causato un calo della pressione sotterranea - una teoria nota come deprussirazzione regionale. Questo ha causato lo sprofondamento delle faglie sotterranee e l'afflosciamento della terra di superficie.

Fra le altre cose, le acque di scarto del petrolio - ovviamente rigettate a mare - hanno una alta salinita' e contribuiscono a fare erodere la costa e la laguna.
Mi sembra chiaro e logico. Togli roba dal sottosuolo, diminuisce la pressione, butti robaccia acida a mare, la terra sprofonda ed erode. Elementare, no?

What I can tell you is that much of the loss between Bayou Lafourche and Bayou Terrebonne was caused by induced subsidence from oil and gas withdrawal.

Quello che io posso dire che la maggior parte delle perdite [di laguna] fra Bayou Lafourche e Bayou Terrebonne e' dovuta alla subsidenza indotta dalle estrazioni di petrolio e di gas.

Le due Bayou distano circa quaranta chilometri. Ovviamente i petrolieri dicono che va tutto bene, e che e' tutto "naturale". E siccome tutto il mondo e' paese, lo fanno senza pero' disputare di una virgola i dati del Dr. Morton. Gli ho anche scritto prima di andare a Chioggia e mi ha pure mandato del materiale.

Nel 2004 si stimava che una specie di ripristino anche parziale - non per amore di natura o di popolo, ma solo per facilitare le operazioni petrolfiere e per metterle in sicurezza maggiore - sarebbe costata circa 14 miliardi di dollari.

E poi lo sappiamo tutti che e' successo. Nel 2005 e' arrivata Katrina, l'uragano che ha distrutto la zona. Le infrastrutture petrolifere hanno retto, piu' o meno, ma la perdita di laguna e' stata un fattore che ha certamente amplificato il problema e la devastazione.

La spugna naturale di quella costa era gia' impregnata d'acqua, per colpa della terra che e' sprofondata, e cosi' quando e' arrivato l'uragano l'acqua ha potuto solo inondare le case delle persone.

Si stima che i petrolieri abbiano contributo a far sparire 400,000 ettari di terreno.

When you look at the broadest perspective, short-term advantages can be gained by exploiting the environment. But in the long term you're going to pay for it.

Quando si guarda ad una prospettiva maggiore ci si rende conto che si possono anche ottenere vantaggi a breve termine nello sfruttare la natura. Ma alla lunga ne paghi le conseguenze.

Intanto ci sono delle cause in corso contro l'industria petrolifera per avere compromesso gli equilbri della zona e per avere indirettamente aggravato il disastro Katrina. Fra gli imputati Shell, Exxon-Mobil, Chevron e British Petroleum.

We believe it's the right time to pinpoint who's essentially responsible for the devastation caused by Katrina in the first place -- the major oil and gas companies, who haphazardly dredged thousands of miles of exploration and drill site canals throughout south Louisiana to extract oil and gas.

Riteniamo che sia l'ora di indicare chi sono i veri responsabili della devastazione portata da Katrina - le multinazionali del petrolio e del gas che hanno spudoratamente
scavato migliaia di canali per l'esplorazione e la trivellazione nella Louisiana del sud e per estrarre petrolio e gas.

Da noi l'ENI vuole andare a mettere delle piattaforme metanifere a cinque chilometri da Venezia. Dicono che hanno fatto i conti e che e' tutto apposto. Venezia sara' salva. Parola di ENI.

Parola di chi ha gia' inquinato meta' Italia.

Fonti: Environmental Chemistry, Agence France Press

Saturday, October 10, 2009

Lettera a Daniela Stati


Caro Assessore all'Ambiente Daniela Stati,

mi chiamo Maria Rita D'Orsogna e probabilmente lei avra' sentito parlare di me nell'ambito della questione petrolio in Abruzzo. Le ho gia' scritto diverse volte in passato, senza che lei abbia mai risposto ai miei email.

Io sono letteralmente allibita di fronte al suo silenzio. Com'e' possibile che un assessore all'ambiente - responsabile di una intera regione, e madre di due bambini - taccia di fronte a un problema, quello petrolifero, che minaccia meta' della regione Abruzzo e che preoccupa molti Abruzzesi, per la salute del loro ambiente e dei loro figli?

Com'e' possibile che da un lato la Provincia di Chieti, Confcommercio, Assoturismo, la Federazione di Balneari, le Cantine del Vino, i Comuni della costa Teatina, Teramana e Pescarese, oltre che svariate associazioni e comitati cittadini sorti apposta, sono preoccupati dalle imminenti estrazioni di petrolio e lei no?

Due sono le cose: o lei non sa, oppure non le interessa. Entrambe queste possibilita' sono inaccettabili da parte di una persona che e' stata eletta e che e' pagata dal contribuente abruzzese per proteggere la nostra regione.

Se lei non conosce il problema, la sua ignoranza e' molto grave, visto che sono due anni che i cittadini ne parlano e che le informazioni viaggiano. Se a lei invece non il problema non interessa o pensa che non sia grave, e' altettanto grave che lei non condivida il suo pensiero con tutti gli Abruzzesi. Ci rassicuri che il problema non sussiste se e' cosi, ma con dati alla mano, con fatti certi, non con semplici parole.

Quando uno ha una posizione di potere, a mio avviso, ha anche il dovere morale di usare tale posizione per il bene comune. Avere paura, scappare, mettere la testa sottoterra, stare zitti non sono delle scusanti, sa?

C'e' anche un'altra possibilita': che lei abbia paura di avere una opinione e dire qualsiasi cosa perche' schiacciata da personalita' superiori, o da ordini dall'alto. Inutile dire, anche qui, che questo non e' accettabile quando si ha la responsabilita' di gestire il benessere ambientale dell'Abruzzo. Abbia coraggio e faccia la cosa giusta. Ci faccia sapere cosa ne pensa lei
delle trivelle in Abruzzo.

Quando lei ha accettato il suo incarico la prima responsabilita' che lei ha preso e' stata verso l'Abruzzo e gli Abruzzesi e non verso partiti, o schemi politici. E' a noi cittadini che lei deve rispondere per prima, e non ai giochi di potere.

La legge che blocca le estrazioni petrolifere in Abruzzo scade il 31 dicembre 2009. Cosa intende fare lei a proposito? Ce lo spieghi, qualunque sia il suo progetto, anche se e' il non fare nulla. Abbiamo il diritto di sapere.

In questa nazione, in questa regione, e' il tempo di avere coraggio e di fare le cose giuste, a prescindere da qualsiasi altro calcolo, di qualsiasi altra natura.
La vita delle persone viene prima della sua paura e se lei il coraggio non ce l'ha e' l'ora che se lo dia. Non ci servono altri don Abbondio, ma piuttusto persone con la spina dorsale ben salda.

Grazie.

MRD

Per chi volesse scriverle l'indirizzo e' daniela.stati@regione.abruzzo.it, oppure a questo link

Wednesday, October 7, 2009

La piattaforma Montara: due mesi e mezzo di petrolio, una class action di pescatori indonesiani





Questa storia del pozzo Montara e' del 2009.

Cioe' da prima che in Italia si parlasse a grande scala del petrolio, e da prima pure dello scoppio nel golfo del Messico.

Ma lo stesso fu un episiodio orrendo di una piattaforma -- Montara -- che scoppio', si incendio' e sputo' petrolio senza sosta per 70 giorni fra i mari fra Australia e Indonesia. Finirono in mare 300 mila litri di petrolio.

Fu il piu grande disastro ambientale d'Australia.

La ditta responsbile si chiama PTT Exploration & Production Australasia ed ha sede in Thailandia.

E adesso, sette anni dopo, si prepara ad una class action da parte di 13,000 pescatori indonesiani
che hanno chiesto alla corte di Sydney di essere risarciti a causa delle loro vite spezzate dal petrolio.
Chiedono 150 milioni di dollari, poco piu di diecimila dollari a testa.

Nella causa dicono che la PTTEP ha cercato di risparmiare sui costi, per questo mettendo a rischio la vita delle persone e il sostentamento di decine di pescatori.

Ma la PPTEP Australasia dice che e' tuttapposto, che accettano le proprie responsabilita' ma che non ci sono stati impatti in Indonesia: e' troppo lontana e quindi e' tuttapposto. Secondo loro il petrolio e' rimasto intatto nei mari di Australia e in Indonesia non ci e' arrivato manco per niente. Dicono infatti che “PTTEP Australasia maintains its position, based on extensive independent scientific research overseen by the Australian government, that no oil from Montara reached the shores of Indonesia or Australia and that no long-term damage was done to the Timor Sea environment

Finora, la ditta in questione, nonostante il petrolio finito in mare, ha dovuto pagare solo 387mila dollari per l'incidente. Nel 2012 infatti si e' dichiarata colpevole di avere causato l'incidente. 

Vediamo come va a finire.


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10 Luglio 2009

Mentre leggevo il progetto per trivellare il mare di Ortona con il pozzo Elsa2 ricordo che la ditta proponente - la Vega Oil - diceva che i rischi di incidenti sono bassi, e che in base ai loro "calcoli" il loro pozzo sara' praticamente una botte di ferro. Si dice che le piattaforme nuove sono meglio di quelle vecchie e le tecniche nuove ipersicure. Sara'. Intanto pero' basta un solo incidente, uno solo, per distruggere un intero ecosistema.

Qualcuno ha mai sentito parlare del pozzo petrolifro esploso nell'oceano indiano, a meta' strada fra Timor ed Australia, in data 21 Agosto 2009? Si chiama piattaforma Montara. Credo che nessuno ne abbia sentito parlare perche' i media italiani non ne hanno discusso, o almeno io non ho letto nulla in proposito. E' il peggior disastro petrolifero d'Australia, che pure ne avuti tanti di problemi di trivelle in mare.

A tutt'oggi 8 ottobre 2009 il pozzo e' ancora in fase di rigetto di petrolio. Un incidente che dura da un mese e mezzo! Si parla di circa 3,000 barili al giorno che escono dalle viscere della terra in mare aperto e senza che nessuno possa farci niente. 3,000 barili di petrolio sono circa 500,000 litri di petrolio. Al giorno. Secondo la classificazione della Costa Marina americana qualsiasi cosa al di sopra dei 400,000 litri e' un disastro ambientale. Questi e' come se ne avessero uno al giorno.
Petrolio in mare, fumi tossici, scie chimiche. Per un mese e mezzo.

In totale finora fanno circa 25 milioni di litri di petrolio.

La scia di robaccia e' arrivata dal mare aperto fino ad una riserva marina detta di Cartier Island. Tutti i tentativi di bloccare la fuoriuscita di petrolio sono falliti.

Intanto il petrolio e' arrivato sull'isola di Timor, vicino all'Indonesia e a circa 130 chilometri dal pozzo. Alcuni pesci morti sono arrivati in riva, la gente li ha mangiati e si sono sentiti male, con irritazione alla pelle e nausea. Non sapevano nulla dello scoppio della piattaforma nell'oceano.

Alcuni pescatori invece raccontano di avere visto macchie di pesci morti su tutto l'orizzonte mentre erano fuori con le loro barche e che al largo il mare era tutto puzzolente. Inutile dire che la pesca e' collassata in quella zona. Anche qui pero' i petrolieri e qualche politico cercano di minimizzare tutto dicendo che i pesci muoiono per altre cause e che e' tutto sotto controllo.

La piattaforma esplosa era nuova di zecca ed era nel bel mezzo dell'Oceano.

E se questo succedeva a Pineto? Alle isole Tremiti? ad Ortona? a Rospo Mare?


Fonti: Skytruth, No rigs, The Irregular Times, The Jakarta Post, Radio Australia

Monday, October 5, 2009

L'ENI a Praia a Mare




Assoluzione di tutti gli imputati nel processo di primo grado
Il fatto non sussiste 
 Insufficienza di prove

Undici dirigenti responsabili della Marlane indagati per 
omicidio colposo
lesioni gravissime,
omissione dolosa di cautele sul lavoro 
disastro ambientale. 



Come sempre, alla fine di ogni violenza che si fa alla natura, noi uomini ne paghiamo le conseguenze. Non subito pero' perche' la natura ha i suoi tempi. Per un po' accetta, assorbe, sopporta. Ma anche se noi uomini dimentichiamo, lei no, ricorda tutto. E per il semplice motivo che segue il suo corso logico, dato da semplici regole che hanno avuto millenni per solidificarsi. Si raccoglie quel che si semina. Che siano i morti di Messina perche' l'uomo ha costruito palazzine di cinque piani lungo il letto di un fiume, lasciando la spazio a zero alberi, o che siano i morti di tumore perche' l'uomo ha seppellito sostanze tossiche in riva al mare e' la stessa cosa.

La natura si rispetta e non perche' vogliamo essere "ambientalisti estremisti", ma per il semplice buon senso. Amare e rispettare la natura significa amare e rispettare il genere umano, che della natura fa parte e che dalla natura trae vita, benessere, sostentamento.
Ogni albero spiantato lungo quel fiume di Messina, ogni fusto tossico gettato in mare, sono piccoli tasselli di morte.

In questi giorni esce sui giornali la nuova storia che riguarda l'ENI (ma non solo) e i morti per tumore, questa volta a Praia a Mare, in provincia di Cosenza. A guardare la fotografie, la citta' pare un bellissimo centro di vacanze, con il mare blu, gli ombrelloni lungo la spiaggia sabbiosa, spaziosa e gli scogli che guardano il cielo e l'acqua azzurra.

Non e' tutto oro quello luccica.

Poco distante dalla spiaggia infatti, sorge una azienda tessile, la Marlane. Anche dal nome si voleva far passare una immagine di mare, di vacanze di aria buona. Questa azienda fu fondata negli anni '50 dal conte Stefano Rivetti di Val Cervo, morto nel 1974. Era un piemontese che aveva ricevuto in eredita' dal padre un lanificio.

Grazie alla cassa per il Mezzogiorno, e ai contributi a fondo perduto il conte decise di aprire altre industrie tessili nel sud Italia, a Maratea, Tortora e appunto a Praia a Mare, tutte zone di mare fra Basilicata e Calabria. Il conte ebbe fortune alterne, la ditta di Maratea falli' fra sprechi di vario genere. Gli investimenti sul turismo invece ebbero sorte migliore.

A Praia a Mare si producevano divise militari e i vari reparti erano divisi fra muri. Dal 1969 al 1987, e cioe' per diciotto anni, la Marlane e' stata di proprieta' dell'ENI. Sotto la nostra beneamata, i muri divisori caddero, e tutto si faceva in un unico ambiente. In particolare i fumi tossici della coloritura venivano respirati da tutti, senza masherine e come se fosse elisir di lunga vita.

Le confezioni di coloranti sono contrassegnati dalla figura tossica con il teschio: gli operai, ai quali non era evidentemente stato fatto nessun corso di sicurezza, prendevano il materiale e a mani nude lo buttavano nelle vasche bollenti aperte, le cui esalazioni andavano a finire nei corpi di tutti. Gli aspiratori non funzionavano ed i fazzoletti degli operai erano sempre neri di porcherie che arrivavano dai loro polmoni. Gli scarti di amianto venivano abbandonati alla meno peggio, senza alcuna premura di smaltitura corretta.

Alla fine della giornata l'ENI passava agli operai una busta di latte per disintossicarsi.

Nel 1987 la ditta passa alla Marzotto di Valdagno che e' ancora la proprietaria della Marlane. Negli anni novanta le vasche vengono sigillate, e i fumi tossici contenuti. Ma l' azienda e' gia' morta, e nel 1996 chiude per sempre.

La natura fa il suo corso. Piano piano la gente inizia ad ammalarsi di cancro, anche giovani trentenni.

Su mille operai in totale, si stima che centocinquanta siano morti di cancro a causa dei fumi tossici della Marlane. Altri centoventi sono vivi ma ammalati pure loro di cancro alla mammella, alla vescica o ai polmoni. Fanno un operaio su quattro.

Ovviamente siccome siamo in Italia e le indagini sono sempre difficili, per molte delle persone morte non ci sara' mai giustizia, visto che la prescrizione ha annullato tutto. Per gli altri la procura di Paola ha ipotizzato il reato di truffa, omicidio colposo e di inquinamento ambientale, anche se si sta prendendo in considerazione il reato, piu' grave, di omicidio volonario.

E poi ci sono mille altri scandali: pressioni fatte su cittadini e operai affinche' stessero zitti, report medici falsi, dove invece di dire che la gente moriva per cancro ci si inventava altre scuse, o i terreni attorno alla Marlane che sono diventati un cimitero di roba tossica con fanghi di scarto seppelliti sotto la sabbia, in discariche abusive o gettati direttamente a mare, le falde idriche inquinate, i soldi presi dallo stato "per lo sviluppo" e che invece sono serviti per ammazzare la gente.

Quando l'ENI ando' via vennero stanziati 44 milioni di lire per ognuno dei 200 lavoratori licenziati, in teoria per aiutare la rioccuopazione a Praia. Nove miliardi delle vecchie lire,
nel 1987. Non si sa che fine hanno fatto i soldi.

Fra i veleni di Praia a Mare anche le ammine aromatiche (con dentro il benzene): gia' nel 1997 si sapeva che facevano venire tumori alla vescica e al seno. Uno studio americano di 12 anni fa infatti diceva: "Non sono un caso i tumori della vescica in chi lavora nell'industria dei coloranti", come riporta il Corsera di allora.

Il conte e' morto. l'ENI non dice niente. La Marzotto dice che non e' colpa sua. I cittadini di Praia sono per la maggior parte anestetizzati. L'unica che va avanti senza paura e' la natura. Lei fa il suo corso: porcherie mi dai, porcherie ti restituisco.

Non e' lei che e' matrigna, siamo noi matrigne di noi stessi.



Fonti: Bloglavoro, La repubblica1, La repubblica2, Pane e rose, SLAI-Cobas

Friday, October 2, 2009

Manifesti della Confcommercio


Fra qualche giorno l'intera provincia di Chieti sara' invasa da manifesti di contrarieta' alle trivelle petrolifere nella nostra regione.

E' una cosa bellissima e sono veramente grata al presidente della Confcommercio, Angelo Allegrino, per avere accolto il mio invito a creare queste locandine ed a farle diffondere il giro per la provincia. Ovviamente dietro questa nuova iniziativa c'e' il lavoro di varie altre persone, prime fra tutte Giosue' e poi Fabrizia che si sono adoperati per disegnare e far stampare queste locandine. Grazie!

Io penso che non ci sia cosa piu' bella dell'operare insieme alla gente, di renderla partecipe, di far sentire a ciascuno che ogni passo e' importante, anche se non ci sembra. Abbiamo veramente fatto tanta strada insieme, tanta altra ce n'e' ancora da fare. Nessuna cosa sara' un passo lunare, ma ognuno si costruira' sui tanti gia' fatti. Tutti ci porteranno alla meta finale: no alle trivelle in Abruzzo.

Ogni tanto mi arrivano email con proposte grandiose, che occorre andare a parlare con Di Pietro, con Santoro, con Berlusconi, con Fini. E si, sarebbe bellissimo che ciascuno di questi personaggi volesse dire e fare la loro, ma intanto che aspettiamo Godot che ci salvi, e' bello che siamo noi persone normali a darci da fare, inventandoci qualcosa ogni santo giorno.

In questo senso, tutto e' stato utile, dal pubblico di Cupello che incalza Chiodi, dal video amatoriale fatto a EdG dove gli si chiede: ma come fai a fare il turismo con le piattaforme? Dai messaggi su Facebook a EdG alle lettere e ai filmati a Chiodi. E' stato grazie a tutto questo movimento di persone che abbiamo avuto la moratoria del 2008, la partecipazione della provincia contro Elsa2, il ritiro della legge Febbo-Chiodi per spartirsi le royalties e messa all'ordine del giorno, "per sbaglio", da Emilio Nasuti.

Sono queste le nostre armi, e occorre continuare a martellare, con la trasparenza e l'operato paziente di tutti. Nessuno di noi legifera, per cui dobbiamo solo fare affidamento nei nostri numeri, nella nostra impazienza di popolo. Continuano ad arrivarmi email di vario genere, di ammirazione, di ringraziamento, di voglia di fare. Andiamo avanti cosi, ogni giorno un passo in piu'.

La strada e' ancora lunga, ma in qualche modo ce la faremo.